daud, sul regionale bologna-ravenna

Il regionale Bologna Ravenna è vuoto.
Passano due volontari di un’organizzazione umanitaria, tavolette di cioccolato in cambio di una piccola donazione.
Mi salutano, mi offrono, accetto, dono.
Un giovane uomo di colore è seduto nella fila accanto ha già in mano la moneta, ma loro già sono passati oltre senza chiedergli nulla. Li richiama indietro.

“Buon appetito” dico ridendo mentre tutti e due scartiamo il nostro cioccolato.
“Piacere, Davide”
“Davide??”
“In italiano”
“E nella sua lingua?”
“Daud”

Daud ha un sorriso enorme e due occhi giganteschi. Ha 44 anni, e mi racconta da subito la sua storia mentre io rimpiango di non avere la nikon ma solo il cellulare.

La storia di Daud comincia in Senegal, a Bargny, un sobborgo di Dakar.
Lui fa l’insegnante delle scuole materne, legge montagne di libri, sa quattro lingue. Da bambino ha ricevuto educazione e cultura, tanta cultura. Ma i soldi, quelli mancano davvero. Così un giorno prende un visto turistico per l’Europa, un volo per Parigi, raggiunge suo fratello che vive lì da anni, e una notte, ai primi di settembre, salta su un treno e scappa. Ha già deciso che non tornerà in Senegal.
La mattina dopo, quando il suo treno arriva a Roma, scopre che quel giorno non lo dimenticherà mai più: era la mattina dell’11 settembre 2001.

“Sono arrivato in Italia da clandestino, capisci? Sono andato prima a Roma e da lì con il passaparola sono arrivato a Rosarno a cercare lavoro. Mi han messo in mano un borsone pieno di roba da vendere per strada, ma ho rifiutato….avevo visto come ci avrebbero trattati i poliziotti, e io no non potevo accettare che mi trattassero come un animale. Così ho cercato lavoro nei campi. Lavori manuali. Lavori faticosi. Ho raccolto i pomodori in Campania, le olive in Puglia e i mandarini in Calabria.
Lavoravamo 20 ore al giorno, per 20 euro al giorno ed eravamo già fortunati, perché eravamo uomini, forti e veloci. La mattina si andava in una piazza e si aspettava l’uomo col furgoncino che ci portava nei campi. Il lavoro più faticoso è stato in un bosco della Calabria. Dovevamo spingere a mano grossi tronchi da cima a valle. A mano, capisci? Alcuni tronchi erano più larghi di tre uomini.”

E come hai fatto a sopportare tutto questo? Come hai fatto ad arrivare a Bologna? E cosa fai ora? E cosa farai domani?
Faccio mille domande e lui dà mille risposte… un fiume in piena.
Mi racconta che quella vita l’ha fatta per 5 anni, poi nel 2012 è arrivata la sanatoria e poi l’assunzione a Ravenna, in una importante azienda che produce i più bei mosaici d’Italia. Ne è fiero e mi dice guarda su internet che bei mosaici che facciamo.

“Tornerai in Senegal? Oh, sì!!….Quando sarà il momento lo farò. Voglio raccontare a tutti che qui non è come noi di là pensiamo. Ma non voglio aprire un’azienda, non sono capace di fare il capo. Non potrei dare ordini a un mio amico cui dò lavoro. Forse tornerò a insegnare…lo sai che ho fatto studiare mio nipote che adesso a Parigi ha preso 5 master??” e mi fa vedere le foto sul suo cellulare.

Due ore e il treno arriva a Ravenna. Il viaggio è finito. Anche il film di Daud.
Perché io davvero non lo so quanto è frutto della sua meravigliosa intelligente immaginazione e quanto sia realmente accaduto.
Quanto abbia vestito a festa, e quanto invece abbia taciuto per orrore pudore vergogna o altro.

Chissà. Però se passate da Ravenna, andatelo a cercare in quella famosissima azienda di mosaici. Lo trovate al reparto colori.